...Ma la cannabis fa male davvero? |
La cannabis viene nominata per la prima volta in un testo di medicina cinese dell'imperatore Shen Nung ( 2737 a.C.), quale rimedio per trattare casi di "disordini femminili, gotta, reumatismo, malaria, stipsi e debolezza mentale." Il suo uso viene citato successivamente anche in molti testi di medicina ayurvedica indiana. Nel corso del XIX secolo la medicina occidentale la adottò ufficialmente come farmaco per la sua efficacia antiemetica, analgesica e anticonvulsiva. Ci fù, in quegli anni, un fiorire di studi scientifici sugli impieghi terapeutici e preparati a base di cannabis si trovavano sugli scaffali della gran parte delle farmacie, in Europa come negli USA. Negli ultimi decenni di questo secolo si è assitito ad un ritorno d'interesse del mondo scientifico nei confronti della cannabis. Nel 1966 un gruppo di ricercatori israeliani è riuscito a isolare e sintetizzare il delta-9-tetraidroacannabinolo (delta-9-THC), il più potente tra gli oltre 60 principi attivi presenti nella cannabis. Più recentemente, nel 1988, alcuni ricercatori dei National Institute of Health di Bethesda, USA, scoprirono la presenza nel corpo umano di un recettore capace di legarsi con il THC. E nel 1992 infine Raphael Mechoulam scoprì che le nostre cellule cerebrali sono in grado di produrre una sostanza, chimicamente diversa dal THC, ma dagli effetti sorprendentemente simili, l'arachidonil-etanolamide, che lo scienziato battezzò anandamide (dal sanscrito "ananda", beatitudine). Dopo tale scoperta la ricerca in quest'ambito ha avuto un notevole impulso, e ciò sta aprendo, dal punto di vista terapeutico, scenari estremamente interessanti. Oltre che sul versante scientifico la fine del secolo ha fatto registrare importanti passi avanti pure dal punto di vista legislativo. Negli USA, il dottor Robert Randall, un medico ammalato di glaucoma, che aveva constatato un migliormento dei suoi disturbi ogni volta che fumava marijuana, ha ottenuto, a termine di una battaglia legale durata dal 1976 al 1982, il riconoscimento del suo diritto all'uso terapeutico della cannabis. Nel 1996 nello stato della California viene sancita per la prima volta, tramite un referendum, la liceità dell'uso terapeutico. Una politica analoga viene successivamente adottata anche dall'Arizona, aprendo conflitti legali con il governo federale, attestato su un pregiudiziale rifiuto di ogni sperimentazione su questo terreno. Ed una ulteriore sconfessione di questo 'oltranzismo proibizionista' arriva il 5 novembre del 1998: gli elettori americani di Alaska, Arizona, Colorado, Nevada, Oregon e Washington, consultati con un referendum su questo tema, approvano l'uso terapeutico della marijuana per i malati di tumore e di AIDS. Qualche giorno dopo, in Europa, lo Science and Technology Committee della Camera dei Lord britannica pubblica un rapporto che, sollecitando una modifica della legge attualmente in vigore, promuove l'uso terapeutico dei derivati della cannabis. Agli inizi del '99 infine, si sono susseguite analoghe raccomandazioni da parte del Governo israeliano, dell' International Narcotic Board dell'ONU, del Ministro della Sanità canadese, della Commissione federale della National Academy of Sciences USA e del Ministro della Sanità tedesco. Sembra pertanto che in questo ultimo scorcio di secolo si stiano creando le premesse per una rivalutazione complessiva dell'atteggiamento della comunità scientifica (e dei governi dei paesi occidentali) nei confronti dei possibili usi terapeutici dei derivati della cannabis. |
Tratto da: www.fuoriluogo.it/medical...erapia.htm |